TY - CHAP
T1 - Linguaggio e natura. Logos e corradicali da Omero ad Aristotele
AU - Laspia, Patrizia
PY - 2020
Y1 - 2020
N2 - Questo lavoro si propone di ripercorrere la storia delle interpretazioni di logos e corradicali da Omero ad Aristotele. Viene anzitutto messa in discussione l’ipotesi etimologica tradizionale, che assegna priorità ai valori ‘razionali e distributivi’, secondo cui lego significa ‘raccogliere’, di qui ‘scegliere’, ‘contare’, poi ‘raccontare’ e ‘dire’. Dalle attestazioni omeriche risulta invece che lego significa: 1.‘raccogliere’ come ‘mettere insieme’; 2. ‘dire’ come ‘mettere insieme i contenuti di un discorso’; 3. ‘raggruppare’, come contare tipico dei popoli senza scrittura, mentre logos è esclusivamente riferito al linguaggio. Con Eraclito, logos diviene per la prima volta termine chiave del lessico filosofico. Nei contesti più pregnanti, come i frr. 1 e 50 DK, esso è retto da verbi di ‘udire’ e ‘comprendere’. Il logos, non solo udito ma compreso, è visto come unità di significato, in cui si esperisce l’unità profonda di tutte le cose. In Parmenide, l’unica via di accesso alla verità risiede non nei sensi ma nel logos, visto come capacità di esprimere (legein) e comprendere (noein) un’unità di senso. Con Gorgia e i Sofisti, la valenza linguistica del logos emerge in primo piano, ma viene meno la sua funzione veritativa. Platone e Aristotele restaurano, ognuno a suo modo, il nesso fra logos e verità tematizzando il rapporto fra il logos e le sue sottocomponenti (onomata). Ciò emerge nel paragone platonico della Linea divisa e nella definizione di logos del Sofista, e conduce a una rilettura dell’incipit del De interpretatione. Da Omero ad Aristotele, logos non indica dunque un’astratta ‘ragione’, ma il linguaggio come potenziale via di accesso alla natura e alla verità.
AB - Questo lavoro si propone di ripercorrere la storia delle interpretazioni di logos e corradicali da Omero ad Aristotele. Viene anzitutto messa in discussione l’ipotesi etimologica tradizionale, che assegna priorità ai valori ‘razionali e distributivi’, secondo cui lego significa ‘raccogliere’, di qui ‘scegliere’, ‘contare’, poi ‘raccontare’ e ‘dire’. Dalle attestazioni omeriche risulta invece che lego significa: 1.‘raccogliere’ come ‘mettere insieme’; 2. ‘dire’ come ‘mettere insieme i contenuti di un discorso’; 3. ‘raggruppare’, come contare tipico dei popoli senza scrittura, mentre logos è esclusivamente riferito al linguaggio. Con Eraclito, logos diviene per la prima volta termine chiave del lessico filosofico. Nei contesti più pregnanti, come i frr. 1 e 50 DK, esso è retto da verbi di ‘udire’ e ‘comprendere’. Il logos, non solo udito ma compreso, è visto come unità di significato, in cui si esperisce l’unità profonda di tutte le cose. In Parmenide, l’unica via di accesso alla verità risiede non nei sensi ma nel logos, visto come capacità di esprimere (legein) e comprendere (noein) un’unità di senso. Con Gorgia e i Sofisti, la valenza linguistica del logos emerge in primo piano, ma viene meno la sua funzione veritativa. Platone e Aristotele restaurano, ognuno a suo modo, il nesso fra logos e verità tematizzando il rapporto fra il logos e le sue sottocomponenti (onomata). Ciò emerge nel paragone platonico della Linea divisa e nella definizione di logos del Sofista, e conduce a una rilettura dell’incipit del De interpretatione. Da Omero ad Aristotele, logos non indica dunque un’astratta ‘ragione’, ma il linguaggio come potenziale via di accesso alla natura e alla verità.
UR - http://hdl.handle.net/10447/483665
M3 - Chapter
T3 - STUDI DI STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA
SP - 3
EP - 24
BT - Il logos nella filosofia antica. Cinque studi
ER -