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Nell’attuale dibattito scientifico la parola “vulnerabilità" è diventata di uso diffuso. Nel senso più ampio del termine, la vulnerabilità è considerata come la condizione che espone a rischi di varia natura potenzialmente dannosi. In senso più stretto la parola “vulnerabilità” indica vulnerabilità alla povertà (ossia la possibilità di diventare o di restare poveri in futuro), oppure segnala situazioni di “pre-povertà”. Eventi imprevisti come la perdita del posto di lavoro, l'organizzazione di un matrimonio in famiglia o la nascita di un figlio, possono costituire momenti di criticità economica per la famiglia che spesso conducono al di sotto della soglia di povertà. In questo studio la vulnerabilità è intesa come una condizione di vita in cui l’indipendenza economica e l’autodeterminazione dei singoli individui vengono costantemente messe a rischio dall’instabilità dei principali sistemi di integrazione sociale e di distribuzione delle risorse. Pertanto la vulnerabilità di un individuo dipende dalla probabilità di essere danneggiato da un evento sfavorevole e dalla possibilità che ha di resistervi o di restarne protetto (mediante le proprie risorse economiche e relazionali o perché sostenuto dal sistema di welfare). All’interno di tale ambito il grado di vulnerabilità oggettiva è collegata ad alcuni livelli delle caratteristiche sociali (come ad esempio l’istruzione e la salute), economiche (vale a dire la condizione occupazionale) e demografiche (come età, sesso, area di residenza, nazionalità). Particolare attenzione è rivolta, poi, al contesto familiare (ossia lo stato civile, l'esistenza di una situazione di convivenza nella casa dei genitori, etc.). Grazie alla disponibilità di un campione ampio e statisticamente fondato tratto da una nuova edizione dell’indagine EU-SILC è oggi possibile concentrare i nostri studi su una popolazione particolarmente vulnerabile: gli stranieri residenti in Italia. L’Indagine EU-SILC sulle famiglie con stranieri, che costituisce uno sforzo tutto italiano all’interno del quadro dell’indagine tradizionale EU-SILC (e pertanto non è disponibile per gli altri paesi europei) costituisce una fonte nuova per gli studi sulle migrazioni in Italia. Prima di questa indagine infatti gli unici dati a disposizione provenivano dal campione italiano di EU-SILC che conteneva (per puro effetto campionario) 1.600 stranieri ma che non garantiva la rappresentatività né del campione dei migranti né tanto meno quella per nazionalità. Quest’indagine, rilasciata dall’Istat da pochi mesi (marzo 2012), rende possibile verificare empiricamente sugli immigrati, per la prima volta in Italia con dati ufficiali, alcune relazioni studiate nella letteratura internazionale: 1. la relazione tra la vulnerabilità e l’integrazione degli immigrati; 2. l’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro e l’eventuale loro discriminazione/ segregazione in termini di settore economico, posizione lavorativa, retribuzione e condizioni di lavoro; 3. le condizioni di vita degli immigrati con particolare riferimento agli indicatori di deprivazione materiale e abitativa. Nello sviluppo di questi tre percorsi il gruppo di ricerca seguirà due approcci: uno per sotto-popolazione (primo anno) e uno per tipologie di rischi (secondo anno). Nel primo approccio ci concentreremo sulle differenze tra le diverse nazionalità di stranieri. Particolare attenzione sarà rivolta alle caratteristiche di vulnerabilità delle nazionalità maggiormente presenti nel campione ossia Albanesi, Rumeni, Marocchini per le quali saranno messi in evidenza sia le differenze che i fattori condivisi. Nel secondo anno svilupperemo la triplice definizione di vulnerabilità come: a) l'esistenza di un evento potenzialmente negativo (che è un rischio che potrebbe essere esogeno o endogeno); b) la capacità di far fronte a una certa situazione (che può esser
StatoAttivo
Data di inizio/fine effettiva1/1/12 → …

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