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II Mediterraneo fu sempre una grande area di contrasti e di scambi, ma tra il XV e il XVI secolo il suo assetto mutò profondamente: l’avvento e l’affermazione dei turchi sulla scena europea, di cui la conquista di Costantinopoli nel 1453 costituisce un fatto di fortissimo valore simbolico, delineò una divisione dello spazio mediterraneo tra due grandi imperi portatori di valori culturali e religiosi differenti, quello ottomano, islamico, e quello asburgico, cristiano. Le loro relazioni furono essenzialmente fondate sulla paura reciproca, non scevra da curiosità e ammirazione, e improntate all’insegna del conflitto, accettato ormai di fatto come modalità naturale e inevitabile. Fu una rivalità geografica, politica, economica e religiosa sulla quale si addensarono immagini reciproche di odio e di ostilità, le cui origini affondavano in una tradizione secolare di rappresentazioni stereotipate. Gli uni e gli altri avevano imparato a guardarsi con sospetto, a lanciarsi anatemi e «maledicta». Eppure, la contrapposizione tra i due fronti, cristiano e islamico, non fu sempre netta, ma talora inquinata da interferenze che investivano i reciproci rapporti di potere. La ricerca di alleanze trasversali dall’una e dall’altra parte è un dato di fatto ampiamente documentato. Proprio perché quella contrapposizione non fu essenzialmente religiosa, ma politica e militare. La guerra era un mezzo per allargare o difendere i propri confini, uno strumento radicale di controllo di aree vitali. I nemici degli uni di volta in volta potevano essere gli amici degli altri in un quadro di alleanze in cui si presentano diversi elementi di fluidità. E comunque, malgrado la permanenza del conflitto, il Mediterraneo rimase pur sempre un’area di confine e di contatto tra i due mondi, una frontiera permeabile, in cui relazioni diplomatiche, scambi culturali e interessi commerciali continuarono a essere praticati. I turchi facevano ormai parte nel Cinquecento dello scenario geopolitico europeo e con essi si poteva combattere, commerciare, negoziare, come con chiunque altro aspirasse a spartirsi la torta.
Il presente progetto intende indagare su una realtà che condizionò fortemente la vita dei popoli che si affacciavano sul Mediterraneo, lo stato di conflittualità permanente tra le potenze che dominarono in quei secoli la scena internazionale. Non lo scontro di civiltà, ma il confronto di potenze. Ci interessano le scelte politiche, i problemi finanziari, le relazioni diplomatiche, l’allestimento degli eserciti e delle flotte, la difesa e l’attacco, le conquiste e le perdite. Con una espressione, la permeabilità della frontiera. Ove è possibile si cercherà di far luce sui punti di vista, sulle prospettive che animavano i diversi contendenti in campo. È chiaro che in nessun caso la conflittualità esaurì la gamma delle relazioni commerciali culturali diplomatiche tra questi due mondi.
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Distante dal punto di vista ideologico di Samuel Huntington, teorico dello scontro di civiltà, questo progetto vuole dare un contributo a una più attenta valutazione del rapporto tra Oriente e Occidente, tra Europa e Islam al di là delle polemiche ideologiche spesso sterili e di scarso respiro intellettuale, che hanno condizionato il comune sentire negli ultimi anni. L’angolo di visuale scelto è quello della guerra, intesa però non come scontro di civiltà, ma come scontro tra le potenze che dominarono nei secoli dell’età moderna la scena internazionale. Con questo progetto si intende perciò far luce su una realtà che condizionò fortemente la vita dei popoli che si affacciavano sul Mediterraneo. Studiare la guerra nel Mediterraneo nell’età moderna significa tenere presenti aspetti diversi, che interessarono i diversi protagonisti in campo: allestimento degli eserciti e delle flotte, fortificazioni, relazioni diplomatiche e politica estera, controllo e sfruttamento delle risorse finanziarie, corsa e pirateria, scambi di merci e di uomini.
Ci interessano i diversi contesti, ma uno sguardo particolare sarà rivolto al ruolo della Sicilia nel quadro del sistema imperiale spagnolo. L’isola, che nel corso del XVI secolo ebbe una notevole importanza strategica e divenne un valido supporto per la politica offensiva di Carlo V e di Filippo II, era elemento integrante di un sistema imperiale in cui tutti dovevano partecipare alla difesa di un regno, «poiché difendendone uno si proteggono tutti gli altri». Ripetutamente chiamata a concorrere alla difesa dell’unità cattolica, il regno dovette condurre ogni sforzo per fronteggiare le continue richieste di uomini e risorse finanziarie e materiali provenienti dalla Corona: la necessità di costruire un maggior numero di fortezze e una fitta rete di torri di avvistamento, di armare e approvvigionare la flotta, le truppe locali e i tercios di fanteria spagnola, ponevano, infatti, ingenti problemi amministrativi e logistici. A partire dagli anni Ottanta del Cinquecento, quando la grande guerra abbandonò il Mediterraneo per lasciare spazio alla corsa e alla pirateria, in un mutato scenario internazionale l’isola finì invece col trasferire capitali all’esterno dei suoi confini là dove le necessità del sistema imperiale lo richiedevano, malgrado il pericolo di un’invasione turca non fosse stato completamente rimosso e la pirateria barbaresca continuasse a imperversare.
La ricerca tiene presente la vastissima letteratura sulla guerra, che da alcuni anni a questa parte è particolarmente prolifica di saggi. Il dibattito storiografico sul tema dei rapporti tra Oriente e Occidente, tra Europa e Islam ha rimesso in discussione una lunga serie di luoghi comuni e di stereotipi, che nel tempo hanno contribuito considerevolmente a innalzare steccati e costruire barriere funzionali solo a polemiche ideologiche spesso di scarso respiro intellettuale. Il progetto intende coinvolgere perciò studiosi dell’area mediterranea che da anni lavorano su queste tematiche, attraverso l’organizzazione di seminari e incontri di studio che possano portare a un confronto tra le diverse realtà geopolitiche e a una più avanzata conoscenza delle problematiche inerenti soprattutto all’area ottomana. Intendiamo inoltre collegarci a un progetto internazionale promosso dall’Università di Murcia, «Columnaria. Ultraque unum. Red Temática de investigación sobre las fronteras de las Monarquías Ibéricas en los siglos XVI al XVIII», cui già partecipiamo con un gruppo di ricerca dedicato alla Sicilia e alla sua proiezione nel Mediterraneo.
In particolare, relativamente al ruolo svolto dalla Sicilia nella difesa del Mediterraneo, la ricerca sarà condotta su documentazione conservata presso l’Archivo General de Simancas (Estado, Secretaria de Guerra, Secretarias Provinciales, Varios-Galeras, Visitas de Italia); l’Archivo Historico Nacional d
Stato | Attivo |
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Data di inizio/fine effettiva | 1/1/05 → … |
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