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La questione urbana occupa un ruolo centrale nell’agenda dei governi europei sin dalla fine degli anni ottanta. Per almeno due decenni una grande enfasi è stata riposta sulle città come motori del modello di sviluppo europeo e le politiche di rigenerazione urbana come principali fattori dello sviluppo regionale. Si è affermato che città più competitive e sostenibili avrebbero offerto maggiori opportunità per cogliere i vantaggi della globalizzazione ed essere sempre meno dipendenti dal settore secondario.
La crisi globale originata dai dissesti finanziari del 2007-2008, e la conseguente ricaduta sui bilanci pubblici a tutti i livelli della gerarchia istituzionale, hanno messo in discussione alcuni degli equilibri economici e sociali di questo modello di sviluppo. Le aree urbane mantengono dunque un ruolo centrale nel modello di sviluppo occidentale ed europeo, la loro capacità di catalizzare funzioni innovative in grado di rivitalizzare il tessuto economico delle città rimane una strategia essenziale delle politiche urbane, ma alcune priorità in parte sottovalutate nei due decenni scorsi emergono ora in tutta la loro evidenza.
Una di queste è la necessità di conferire maggiore attenzione alle politiche abitative, le cui strategie e percorsi attuativi non sempre seguono una visione strettamente legata alle politiche mirate a sollecitare processi di rigenerazione urbana e rivitalizzazione socio-economica. Da un lato, infatti, molte città hanno continuato ad accrescere il proprio stock immobiliare (le cui eccedenze sono peraltro alla base di numerosi default pubblici e privati) senza che la domanda di abitazioni accessibili a larghe fasce di popolazione venisse soddisfatta. Dall’altro, diverse città mantengono ambiti molto estesi caratterizzati da situazioni di degrado e sottoutilizzazione (soprattutto aree dismesse da originarie funzioni produttive o aree risultanti da processi di urbanizzazione disorganici e privi di disegno unitario), senza che le amministrazioni locali siano in grado di attiavare processi di riqualificazione in grado soddisfare congiuntamente la domanda di rilancio delle aree urbane e la domanda sociale emergente in termini abitabilità e qualità urbana.
Il presente progetto di ricerca si propone di riflettere, attraverso adeguate osservazioni comparative su alcuni contesti europei eterogenei, sulle condizioni (istituzionali, economiche e sociali) necessarie per affermare nuovi modelli di housing nelle città italiane. Nel contesto italiano, infatti, alcune delle discrasie osservate in campo europeo appaiono, seppur con diverse manifestazioni se ci si muove dalle regioni settentrionali al Mezzogiorno, rafforzate da perduranti difficoltà di carattere culturale e operativo.
In primo luogo la difficoltà di muoversi da un modello di housing tradizionale, in cui la componente sociale è stata per decenni relegata alla costruzione di quartieri di edilizia “popolare”, verso modelli maggiormente integrati ed inclusivi, in cui le politiche di housing siano da presupposto al conseguimento di adeguati livelli di mixité nelle diverse aree della città. In secondo luogo, la difficoltà di attivare (soprattutto nel Mezzogiorno) diffusi processi di recupero del patrimonio immobiliare esistente, in particolare nei contesti fragili quali i centri storici o le estese periferie periurbane. In terzo luogo, la problematica sinergia tra settore pubblico e settore privato, la cui cooperazione tende ad infrangersi in mancanza di quadri programmatici in grado di soddisfare le reciproche convenienze nel medio-lungo periodo. Inoltre, appare largamente assente il ricorso alle politiche di housing come strumento di promozione urbana al pari di ciò che avviene, in diversi contesti europei, con la costruzione di nuovi quartieri improntati alla qualità del progetto urbano ed a criteri di avanzata sostenibilità ambientale.
Tutte queste componenti chiamano in causa, nel contesto italiano, ra
Stato | Attivo |
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Data di inizio/fine effettiva | 1/1/12 → … |
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